lunedì 13 marzo 2017

La pianta del pepe


ZuccaCometa.com: orto e giardino; pepe nero

Il Pepe (Piper nigrum) è una pianta rustica perenne, originaria del sud dell'India, che cresce come una liana legnosa, semirampicante e arbustiva. Raggiunge lunghezze considerevoli, fino ai 4-6 metri di altezza, e può essere aggrappata a sostegni appositi, a tronchi d’alberi oppure a muri, a seconda dell’effetto decorativo che si desidera ottenere.

Abbastanza facile da coltivare, non richiede molte cure, ma ama il caldo e i terreni umidi (ben
irrigati, ma non allagati), oltre che ricchi di materie organiche. Meglio tenerla in vaso, dunque, o in zone al riparo dal freddo nelle stagioni invernali. Il suolo va arricchito di tanto in tanto con
concimi preferibilmente naturali o con resti organici o vegetali come le erbe residue da falciatura di campi o giardini.
Oltre che nacere da sementi, la pianta può essere ripropagata anche tramite talea di ca. 50 cm dei suoi rami vegetativi.

Le sue foglie sono ovali e verdi, le infiorescenze molto piccole.
I frutti sono costituiti da piccole bacche (ca. 5 mm diametro) con un solo seme, che da verdi si colorano di rosso, a mano a mano che si maturano.
Il periodo di raccolta dei frutti è tra giugno e settembre.

Ci vuol pazienza, i frutti non arrivano subito: prima la pianta deve crescere e fortificarsi per almeno 3-4 anni. Quando avrà raggiunto almeno i 2 m di altezza/lunghezza, compariranno i primi frutti, che continueranno sino a fornire circa sei raccolti l’anno, per almeno 15 anni, se sussistono tutte le cure e le condizioni ottimali. Dopo di che potrà cessare la sua produzione e appassire.

A seconda del tempo di raccolta e della modalità della lavorazione, si possono creare diverse qualità e tipologie di spezie:

Come raccogliere e trattare i frutti:

Per ottenere il pepe nero, la raccolta dei frutti inizia appena prima della maturazione, quando una o due bacche alla base del peduncolo si colorano di rosso. Dopo averli sbollentati brevemente, per lavarli, vanno lasciati essiccare al sole per diversi giorni (o tramite appositi essicatoi per alcune ore), per poi sgranarli ed estrarne i frutti. La disidratazione tramite essicazione favorisce la rottura della polpa e l’annerimento dei grani, che quindi assumono la colorazione del “pepe nero”.
Il pepe nero è il più picante delle varietà di pepe, grazie alla piperina contenuta sia nei semi che nella polpa, ma ciò nonostante è di gran lunga meno piccante della capsaicina contenuta nei peperoncini (il 99% in meno!). La polpa, che rimane attaccata al seme del pepe nero, contiene inoltre importanti aromi e oli essenziali come il terpene, il pinene, il sabinene, il limonene, il cariofillene e il linalolo che danno sfumature agrumate, di legno e di fiori.

Per il pepe bianco, invece, dall’aroma meno piccante di quello nero, è necessario attendere la completa maturazione dei frutti. Dopo averli raccolti vanno messi a bagno per una settimana circa per lasciare decomporre la polpa e poterla più facilmente eliminare tramite sfregamento. Il grano rimasto viene poi lasciato essiccare al sole sino a che diviene biancastro, da cui il nome “pepe bianco”. A volte si può ottenere il pepe bianco eliminando la buccia secca dal pepe nero. Anche l’involucro scartato viene spesso polverizzato e utilizzato come spezia, oltre ai grani.

Per il pepe verde, invece, molto aromatico, si possono raccogliere i frutti quando sono ancora acerbi. In questo caso i frutti vengono subito essiccati, oppure conservati in salamoia o aceto, oppure viene macinato. Spesso viene trattato con diossido di zolfo, durante l’essicazione, per conservarne il colore verde. In alcune ricette orientali il pepe verde comunemente usato è quello acerbo in grani appena raccolto dalla pianta.

Molto meno diffuso è invece il pepe rosso, del tutto simile a quello verde, che si distingue solo perché le bacche vengono raccolte quando molto mature (= rosse).

Altre varietà di pepe provengono invece da piante differenti dal Piper nigrum. Il falso pepe o pepe del Perù, ad esempio, detto anche pepe rosa, dal gusto delicato e apprezzabile come elemento decorativo, deriva da un albero del genere Schinus, originario dell’America Latina. Il pepe lungo, molto simile per sapore al pepe nero, ma di forma più allungata, deriva dalla pianta del Piper longum. Il pepe grigio, invece, indica sia una bacca della pianta Piper cubeba, che una miscela di pepe bianco misto a pepe nero.

Attenzione:  i grani di pepe sono molto delicati. La macinazione, l’evaporazione e persino la luce solare possono intaccare e ridurre aroma e sapore. Si raccomanda di preferire una conservazione sottovuoto, al riparo dalla luce. Meglio aggiungere solo pochi grani alla volta nel macina-pepe, secondo l’occorrenza del momento, sino a vuotarlo completamente. Gli oli essenziali che vengono rilasciati durante la macinazione possono irrancidire con il caldo e dare un cattivo sapore ai grani residui.

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Pepe antico: "prezioso" medicamento

Il pepe era universalmente conosciuto sin dall’antichità, tanto prezioso da essere spesso utilizzato come moneta di scambio. 

Era il “re delle spezie”, sia perché dava sapore agli alimenti, sia per le sue proprietà benefiche e medicali (alcuni grani sono stati trovati persino nelle tombe dei faraoni egiziani). 
Nella medicina ayurvedica e orientale veniva impiegato per le malattie più svariate, come la costipazione, la diarrea, il mal d’orecchi o d’occhi, la cancrena, le malattie di cuore, l’ernia, l’indigestione, problemi epatici o d’insonnia, punture d’insetto, artriti e malattie polmonari. 
In occidente mancano i riscontri medici sulla reale efficacia curativa in tal senso, che, anzi, sconsiglia l’uso della spezia in molti casi clinici, come l’ulcera addominale, per il suo effetto irritante.
Oggi la scienza occidentale riconosce alla piperina contenuta nel pepe almeno un importante beneficio: oltre che a conferire quel classico sapore pungente che arricchisce i cibi, svolge un azione che aiuta a bruciare le calorie e a combatte il rallentamento metabolico.


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